«L’acropoli maggiore di Phaestos si eleva maestosa ad ovest del palazzo, sopra quella serie di poggi che sbarrano verso il mare la bella ed ubertosa vallata di Messarà.» (Fig. 1)
Così Antonio Minto (Fig. 2) descriveva la più alta delle acropoli di Festòs: il Christòs Effendi (o Affendi), che spiccava per elevazione su tutte le altre colline, ponendosi ‘a controllo’ del territorio circostante (Fig. 3-4). Già alla fine dell’Ottocento, il Taramelli aveva notato le tracce di un’imponente linea di fortificazione sulla collina e probabilmente non è un caso che la popolazione locale, almeno fino alla metà dello stesso secolo, si riferisse a Festòs con il termine Kastrì: ‘fortezza’.
Vi abbiamo raccontato come l’interesse per il Christòs Effendi sembrò scomparire all’indomani della scoperta del Palazzo di Festòs, nell’estate del 1900. Ciò non deve affatto meravigliare: solo poche settimane prima, la missione guidata dall’inglese Arthur Evans a Cnosso aveva portato alla luce il famoso ‘Palazzo di Minosse’, generando una forte competizione scientifica tra gli studiosi dei due nuovi e importantissimi siti.
Bisognerà aspettare la fine delle prime indagini del Palazzo perché Luigi Pernier, direttore dello scavo di Festòs, nonché della neonata Scuola Archeologica Italiana ad Atene (SAIA), decida di incaricare Antonio Minto di esplorare i tratti ancora visibili delle fortificazioni ‘elleniche’ (questo era l’attributo utilizzato per riferirsi genericamente a reperti di età greca). Così, dall’8 al 28 giungo del 1909, Minto, assieme a circa 15 operai, condusse dei saggi di scavo lungo le mura. Le indagini permisero di mettere in luce le fortificazioni già notate dal Taramelli e resero nota anche la presenza di due torri (Fig. 5): la prima presso la cima del Christòs Effendi e una seconda lungo le sue pendici sud-occidentali (Fig. 6) . Inoltre, dato l’andamento del circuito murario, il Minto suppose l’esistenza di una linea di difesa che doveva estendersi a protezione di tutte ‘le acropoli’ di Festòs e non solo della più alta. Infatti, la prosecuzione delle indagini confermò l’ipotesi dello studioso e un altro tratto di mura di circa 40 m emerse lungo le pendici orientali della cosiddetta ‘Acropoli di mezzo’ (o Mediana: la seconda collina più alta, posta tra il Christòs Effendi e la collina del Palazzo).
A fronte di queste evidenze, il Minto non poté fare a meno di interrogarsi sull’assenza di una linea di difesa intorno alla parte più bassa della città:
«Da ciò che rimane dell’antica cerchia murale di Festòs sembrerebbe a primo aspetto che la linea fortificata non fosse continua, ma limitata puramente a protezione del ciglione settentrionale delle tre alture e ad un piccolo tratto della linea occidentale. Poche sono le antiche città cretesi che conservano le tracce dell’intero circuito di mura; in quasi tutte la cerchia murale si presenta interrotta nelle posizioni elevate e fortificate di per se stesse dalla natura…Al contrario per la cinta murale di Festòs l’interruzione si verifica dalla parte della pianura, dove una linea di fortificazione era indispensabile alla difesa della città. Non possiamo quindi ammettere che la cinta fosse interrotta…essa doveva dunque continuare anche sul lato del mezzogiorno»
Tuttavia, forse i tempi non erano ancora maturi e le indagini non portarono alla scoperta di altri tratti della cinta muraria nella parte bassa della città. Bisognerà aspettare ancora molti anni, quando con l’avvio del Progetto Festòs, nel 2007, fu possibile seguire la strada tracciata dal Minto e rispondere alle sue domande. Questa, però, è un’altra storia… non perdete il prossimo appuntamento con L’Archeologia italiana a Creta OGGI e non mancheremo di raccontarvela!
Claudia Palmieri
Riferimenti bibliografici:
Minto A. 1924, “Fortificazioni elleniche di Festos”, ASAtene 4-5 (1921-1922), pp. 161-175.