È il 14 ottobre 2013. Ormai da 13 giorni due equipe di archeologi del Progetto Festòs hanno aperto due saggi di scavo esattamente sulla sommità della più alta acropoli di Festòs: il Christòs Effendi. All’apparenza uno sperone di roccia di 152 metri sul livello del mare che delimitava verso Ovest l’abitato sia in epoca minoica che in epoca ellenistica, quando la città raggiunse la sua massima estensione. 152 metri non sono nulla di che, certo, ma farlo ad una pendenza pronunciatissima, alle 6.15 del mattino, 7 giorni su 7, può mettere a cimento anche gli animi più arditi (Fig. 1).
Si taglia dritti sul colle, testa bassa, come sempre, non vi è tempo per cercare strade meno impervie e tra rovi, sterpi, rocce e grossi conci caduti dalla fortificazione (che ci osserva, indifferente, dall’alto), il problema principale è arrivare con un po’ di fiato in corpo (anche perché poi la pausa sarà fra 3 ore di piccone, badile e carriola… Fig. 2).
E come spesso avviene con Festòs, una soavissima belle dama che disvela le proprie grazie solo alle persone di fiducia, ecco apparire qualcosa d’improvviso… lo sguardo cade su una pietra, bella grossa, quante ve ne sono migliaia disseminate tutt’intorno, eppure… eppure ha qualcosa di diverso, è immersa nel terreno in modo strano e sembra al tempo stesso più solidamente piantata delle altre che la circondano (Fig.3). L’occhio si ferma prima su di lei, poi su un’altra, poi un’altra ancora e ancora… e ancora… richiamo gli altri che sono andati avanti… venite subito qui! I ragazzi scendono …non proprio entusiasti.
Ma la scocciatura di tornare indietro è ripagata pienamente: si disvelano a noi 36 metri di conci allineati…. cavolo! Abbiamo trovato un altro tratto della fortificazione! (Fig. 4) Un tratto con tanto di probabile torre… il che porta con sé, e non è possibile che sia diversamente, una conseguenza: questa parte della città non aveva una sola cinta muraria, ma sicuramente almeno due (Fig. 5-6).
Ed ecco che il nostro Christòs Effendi (quello che all’apparenza pare un solo sperone di roccia) in una unica stagione disvela, nell’ordine, sulla sommità un edificio pubblico in crollo, le cui macerie stanno ancora conservando gelosamente il suo contenuto, una casetta geometrica che copre con ogni probabilità un edificio minoico, e un nuovo tratto delle mura ellenistiche, lungo le sue pendici nord (per tacere degli indizi sempre più stringenti della presenza di un santuario di Atena nelle vicinanze…)
… ancora una volta la bella Dama Festòs ci mostra un lembo delle sue vesti!
Alessandro Greco
Riferimenti bibliografici: