Il nome di Giuseppe Gerola si lega indissolubilmente a Creta, alla Missione Archeologica Italiana e alla redazione dei Monumenti Veneti, un’opera “monumentale”, frutto delle ricognizioni delle antichità bizantine e veneziane sull’isola greca (fig. 1).
Figura poliedrica, la sua intraprendenza nell’ambito della ricerca archeologica e umanistica a tutto campo rese Gerola uno studioso di fama, tanto da ricoprire fin dalla giovane età incarichi prestigiosi di tutela e gestione del patrimonio artistico italiano.
Fu prima direttore del museo di Bassano (1903-1906), poi, del museo civico di Verona (1907) e, infine, venne designato Soprintendente ai Monumenti della Romagna (1909-1920), in un momento storico particolarmente complesso per la nazione. L’Italia, impegnata e sfiancata dalla Prima Guerra Mondiale, a seguito della disfatta di Caporetto (1917) si preparava a resistere sul Piave e sul Mincio; lontano, ma non così tanto, dal fronte, Giuseppe Gerola giungeva a Mantova per attuare un altro piano di resistenza, volto a salvaguardare il patrimonio artistico dall’avanzata delle truppe austro-tedesche, per evitare che questo potesse essere trafugato o vilipeso. Il soprintendente, da primo vero Monuments Man, a partire dal dicembre del 1917 attuò tutte le operazioni di sgombero necessarie alla messa in sicurezza delle opere d’arte di Mantova, della sua provincia e del territorio veneto. Prontamente diede mandato esecutivo per avviare tutti i trasferimenti in tempi brevissimi, avendo cura di salvare non solo “i capolavori di sommo pregio”, ma anche “le opere d’arte di maggior importanza per la storia locale” e “tutto ciò che potesse sembrare maggiormente appetibile al nemico”.
La prima spedizione avvenne già tra il 6 e il 7 dicembre del 1917 alla volta della Toscana, dove giunsero ben 85 casse colme di beni dal valore inestimabile, tra cui i gabinetti di Isabella d’Este, la grande tela del Rubens, la Battaglia fra i Bonacolsi e i Gonzaga di Domenico Moroni, il messale miniato di Barbara di Hohenzollern, il simulacro di Francesco Gonzaga di Giancristoforo Romano, la statua di Virgilio in cattedra del 1242 e molto altro.
Ma “il Piave comandò: indietro va’, straniero!”, l’esercito resse all’incursione nemica e il trasferimento delle opere non fu vano, assicurandone comunque la salvaguardia.
Negli anni successivi l’impegno civile di Gerola non cessò, al contrario, grazie alla sua conoscenza del tedesco e degli studiosi austriaci più eminenti del tempo, fu incaricato di condurre difficilissime trattative con l’Austria per la restituzione e il recupero di opere monumentali, beni bibliografici e archivistici, ormai da più di un secolo conservati lontano dall’Italia, quali l’Evangeliario Purpureo, il Sacramento Uldariciano e i Codici Musicali trentini.
L’azione di Gerola durante il periodo bellico rappresenta efficacemente il suo impegno di vita a servizio dell’arte, della sua conoscenza e della sua tutela. Una vita, la sua, che può essere avvicinata senza dubbio ad una vera e propria missione a favore dell’archeologia e della cultura, dall’innegabile valore civile e identitario (figg. 2, 3).
Colette Manciero
Bibliografia
Gerola G., “Relazione”, in Bollettino d’Arte IX-XII 1918, 270-273;
Varanini G. M., “Gerola, Giuseppe”, in Dizionario Biografico degli Italiani, 53 (2000);
Cecchin G., “I Monuments Men del 1917. Giuseppe Gerola a Palazzo Ducale dopo Caporetto”, in La Reggia 1 (2018), 2.