Nel corso degli anni di ricerca e studio a Festòs abbiamo imparato ad apprezzare e a conoscere anche il territorio che circonda il sito: la Messarà, una regione che riesce ogni giorno a regalarci scorci, storie e testimonianze del passato di grande interesse.
Vi abbiamo già parlato di Kommos, che è ritenuto il porto della Festòs minoica.
Stavolta è il turno di Matala, un villaggio a circa 9 km a sud-ovest di Festòs, che, in antichità, è stato un importante scalo portuale, collegato a Festòs prima e a Gortina poi. Incastonata tra il capo Nisos e il capo di Matala, la località è nota anche per essere stata negli anni Sessanta meta privilegiata degli hippie, i quali, alla ricerca di uno stile di vita essenziale e più vicino alla natura, si erano stabiliti nelle tombe rupestri site sul lato settentrionale della baia (Fig. 1 e 2).
Il villaggio di pescatori, tuttavia, non è stato meta solo dei “figli dei fiori”, ma ha attirato l’attenzione di eruditi ed esploratori fin dal XV secolo. L’abitato, in particolare, è stato oggetto d’interesse per la presenza di un edificio di culto paleocristiano, la chiesa della Panagia, di cui oggi non si conserva più traccia. I resti della struttura e i mosaici superstiti erano stati descritti in più occasioni: dall’erudito Cristoforo Buondelmonti (XV sec.), da Francesco Barozzi (XVI sec.), da Onorio Belli (XVI sec.), dal capitano Thomas A. B. Spratt (XIX sec.), da Edward Falkener (XIX sec.) e, infine, da Giuseppe Gerola (XX sec.). Quest’ultimo, nel corso del suo itinerario di ricerca sull’isola svolto agli inizi del Novecento, si era imbattuto nella suddetta chiesa, ormai ridotta ad una piccola cappella, sita al di sotto delle tombe rupestri e dedicata alla “Madonna di Matala”. Egli individuò all’interno della struttura alcuni elementi in marmo, appartenuti ad un “tempio più antico”, tra cui due capitelli d’imposta ionici in marmo proconnesio, recanti un monogramma bizantino, di cui pubblica l’apografo nella sezione dedicata alle epigrafi cristiane (Fig. 3), curata insieme allo studioso, eforo e amico Stefanos Xanthoudidis.
Il monogramma, presente anche su due capitelli analoghi, recuperati presso il tribelon della chiesa di San Tito a Gortina (Fig. 4, 5), non fu di immediata lettura e comprensione. Inizialmente sciolto in TOY BENA (riferendosi al dedicatore al genitivo, tou Bena) da Xanthoudidis e in TOY BINKAS (tou Binkas, riferendosi all’imperatore Giustiniano) da Orlandos, l’iscrizione trovò successivamente spazio nei lavori della Guarducci, la quale, esprimendo delle riserve sulle precedenti interpretazioni, riteneva si trattasse del genitivo di un nome proprio non specificato.
Il prosieguo dell’attività archeologica italiana a Gortina ha consentito alla Farioli Campanati di trovare finalmente una chiave di lettura per lo scioglimento dei monogrammi di Gortina e di Matala. L’iscrizione, secondo la studiosa, indicherebbe il nome BETRANIOY, ossia Betranios, vescovo menzionato per esteso nella decorazione musiva della basilica episcopale di Mitropolis (Fig. 6) quale promotore del rifacimento della pavimentazione dell’edificio di culto e attivo a Gortina nella seconda metà del VI secolo.
I capitelli descritti da Gerola sono attualmente custoditi presso il phylakion di Agioi Deka (Gortina; Fig. 7) e, ammesso che non si tratti di elementi di reimpiego, rappresenterebbero la testimonianza dell’azione diretta del presule di Gortina anche al di fuori dei confini della città, presso uno dei principali scali portuali di Creta protobizantina.
Colette Manciero
Riferimenti bibliografici:
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Baldini I., “La basilica di S. Tito a Gortina e gli appunti inediti di Giuseppe Gerola”, ASAtene 87 (2009), I, 635-679;
Bandy A.C., The Greek Christian Inscriptiions of Crete, X.1 (IV-IX A.D.), Athens 1970;
Farioli Campanati R., “Per la lista episcopale di Gortyna in età protobizantina nella documentazione archeologica. Precisazioni e nuovi dati da iscrizioni musive”, Nea Romi. Rivista di ricerche bizantinistiche 3 (2006), 115-121;
Gerola G., Monumenti Veneti dell’isola di Creta, II, Venezia 1908;
Gerola G., Monumenti Veneti dell’isola di Creta, IV, Venezia 1932;
Guarducci M., Inscriptiones Creticae. Tituli Gortynii, IV, Roma 1950;
Orlandos A.K., “Νεώτεραι ἔρευναι ἐν Ἀγίω Τίτω τῆς Γορτύνης”, EpetByzSpud 3 (1926), 301-328.
Xanthoudidis S., “Χριστιανικαὶ επιγραφαὶ ἐκ Κρήτης”, Ἀθηνᾶ 15 (1903), 125-127.