“Disegno per capire, ma solo posso disegnare quello che capisco”. (Giovan Battista Piranesi)
Tecnicamente il disegno archeologico di un reperto ceramico è la proiezione ortogonale di un oggetto tridimensionale e per risultare facilmente leggibile deve seguire delle norme. Che si voglia rappresentare un manufatto integro o un frammento, di esso si cercherà prima l’orientamento, per riportarlo correttamente sul foglio; calcolati i diametri, la rappresentazione risulterà divisa da una linea mediana, sulla sinistra della quale (almeno secondo la norma adottata in Europa) verrà disegnata la sezione, come se l’oggetto fosse tagliato verticalmente, mostrando chiaramente l’andamento dell’orlo, del piede e lo spessore delle pareti, oltre a particolarità della superficie interna (decorazioni, linee di tornio), mentre sulla destra verrà posta la visione prospettica del profilo e della superficie esterna (Fig. 1).
Quanto all’aspetto esterno, ci si potrebbe chiedere perché non è sufficiente una fotografia? Nel caso di particolari dettagli essa si rivela sicuramente molto efficace, in quanto fedele riproduzione della realtà fotografata, mentre l’archeologo e/o il disegnatore necessariamente seleziona le informazioni di cui ha bisogno, eliminando le “tracce di modernità”, che la fotografia documenterebbe come incrostazioni, fratture (antiche e moderne) non utili allo studio delle tipologie ceramiche e sceglie quelle a cui vuol dare risalto: è cioè un atto interpretativo (Fig. 2). Qual è allora il fine del disegno? Il fine del disegno non è solo la riproduzione geometrica dell’oggetto quanto più fedele possibile, la quale per altro si può ottenere oggi tramite le cd. MDAS (Massive Data Acquisition Systems). Il disegno è parte integrante del processo di studio; esso è strumento di documentazione, oltre che strumento divulgativo, ma è soprattutto uno strumento di conoscenza, indipendentemente dal suo carattere più o meno tradizionale, e sicuramente non può che trarre vantaggio dalle nuove tecnologie. Un esempio? Utilizzando diverse visualizzazioni RTI (Reflectance Transformation Imaging), sovrapposte in Layers di un qualsiasi programma di grafica vettoriale, è possibile produrre un disegno che combina la tradizione con le nuove tecnologie; i dettagli messi in luce dalle scansioni RTI, che sono spesso poco visibili o del tutto non percepibili ad occhio nudo, dopo un comunque necessario lavoro di bilanciamento e selezione delle informazioni ora ricavabili dal manufatto, possono contribuire a creare un disegno migliorato, che potrebbe anche gettare nuova luce su vecchie scoperte.
Serena Nicolì
Riferimenti bibliografici:
Baruffato A. 2007/2008, Discussione critica sulla rappresentazione grafica della ceramica, Tesi di laurea.
Carinci F.M. – La Rosa V. 2009, “Revisioni festie II. Parte prima. Il cd. Bastione Ovest”, Creta Antica 10/I, 147-222.
Mascione C. – Luna A. 2007, Introduzione allo studio della ceramica, Università degli studi di Siena.
Pernier L. 1935, Il palazzo minoico di Festòs I, Roma.
Remotti E. – Cerami E. – Gennai F. 2010, “Dal disegno archeologico alla documentazione grafica tridimensionale: lo sviluppo delle tecnologie di grafica multimediale al servizio dell’archeologia, del restauro e della fruizione”, GRADUS 5.1, 31-38.