Nelle scorse settimane vi abbiamo parlato delle scoperte italiane nei primi anni di ricerca a Creta e in particolare della grotta di Kamares sul Monte Ida, ad opera di Antonio Taramelli. Ma questa grotta non fu la prima grotta scoperta dagli archeologi nostrani.
L’Antro Ideo, infatti, collocato sul lato occidentale dell’altopiano di Nida, a est del Monte Ida, è annoverato tra le più importanti grotta dell’antichità.
Ma che cosa rende l’Antro Ideo così interessante dal punto di vista archeologico e mitologico?
La grotta è menzionata in numerose fonti antiche come Pindaro, Platone, Teofrasto, Callimaco e molte altre, e ad essa sono connessi diversi miti.
Il più importante di tutti è legato alla nascita di Zeus, figlio di Crono, che essendo destinato ad essere divorato dal padre alla sua nascita come tutti i suoi fratelli, fu nascosto dalla madre Rea nella grotta cretese dove fu allattato dalla capra Amaltea. Affinché Crono non potesse trovare il figlio, la culla dorata di Zeus era appesa ai rami di un albero mentre le urla e i pianti del neonato erano coperti dal grande frastuono che provocavano i Cureti (divinità al seguito di Rea) battendo le loro spade contro gli scudi (Fig. 1).
Ma quello legato alla nascita di Zeus è solo uno dei tanti episodi connessi alla grotta: secondo un’altra versione del mito, ogni anno Minosse saliva sull’Ida saliva per ricevere da Zeus ammonimenti da rendere noti a tutta la popolazione.
La grotta fu descritta per la prima volta nel 1591 dal botanico fiammingo Giuseppe Casabona durante un suo viaggio a Creta, ma soltanto nel 1885, per fermare i continui saccheggi, I. Chatzidakis, Syllogos di Candia, decise di affidare a Federico Halbherr l’inizio degli scavi sistematici.
Il successo di questo primo grande scavo, durato solo un anno, si lega principalmente alla tipologia dei ritrovamenti tra i quali, oltre ai grandi scudi bronzei (oggi esposti presso il Museo di Heraklion), fu rinvenuta un’epigrafe che confermò l’identificazione dell’Antro con la grotta di Nida e il luogo narrato dal mito.
Sebbene al termine di questa prima indagine si riteneva che il contesto fosse stato già completamente messo in luce, molti anni dopo, nel 1917, furono effettuati altri piccoli saggi di scavo da parte di S. Xanthoudidis, e nel 1956 da S. Marinatos, mentre tra il 1982 e il 1983 fu indagata un’area più ampia da parte di I. Sakellarakis, il quale recuperò numerosi materiali che erano sfuggiti durante gli scavi precedenti.
Dalle indagini archeologiche si comprese che l’ingresso della grotta è caratterizzato da un ampio piazzale d’accesso mentre l’interno è diviso in tre spazi principali: la grande sala centrale e due cavità sul fondo, una di grandi dimensioni e una più ridotta, mentre nella parte a sud-est si trova il grande altare ricavato da un unico blocco di pietra (Figg. 2-3).
La grotta presenta una straordinaria continuità di frequentazione che va dall’età neolitica al V secolo d.C.
In particolare, gli scavi di Sakellarakis si rivelarono fondamentali per definire la presenza di attività cultuali già dal Tardo Minoico, probabilmente da riferire al dio della vegetazione che rinasce ogni anno.
Tuttavia, i rinvenimenti più importanti si collocano nel periodo tra l’VIII e il VII secolo a.C. e comprendono numerosi oggetti in oro e avorio, terrecotte, vasellame ecc. Tra questi sono compresi anche i celebri bronzi (scudi e patere) sui quali gli studiosi ancora oggi si dividono.
Il dibattito si concentra principalmente sulla cronologia e sulla produzione: le elaborate iconografie e decorazioni hanno fatto sì che da un lato ci fossero coloro che consideravano gli scudi come oggetti importati dal Vicino Oriente, dall’altro che essi fossero stati realizzati da artigiani provenienti sempre dalle regioni orientali del Mediterraneo, i quali, in seguito, si stabilirono a Creta.
Ad ogni modo, i bronzi idei hanno il merito di aver evidenziato una stretta rete di rapporti tra Creta e l’Oriente, nonché quello di aver influenzato la formazione del cosiddetto stile orientalizzante cretese (fig. 4).
La loro fitta presenza in un contesto sacro come l’Antro Ideo era connessa, con ogni probabilità, alla volontà di imitare il frastuono del tuono, proprio come avveniva durante le cerimonie misteriche d’iniziazione. Recentemente è stato tuttavia ipotizzato che gli scudi, che dovevano essere appesi alle pareti della grotta, richiamassero pratiche cultuali orientali per le quali questi oggetti avevano una funzione difensiva e protettiva, connessa sia al mondo della guerra sia all’oltretomba.
Alexia Giglio
Riferimenti bibliografici: