“Temple Repositories”: così Evans battezzò l’area situata nel Cult Center, poco a sud della Sala del Trono nel palazzo di Cnosso. Nel 1903, sollevando delle lastre di gesso, furono scoperte due grandi aree rettangolari rivestite di pietra, al cui interno furono rinvenuti frammenti d’oro e d’avorio, ma soprattutto più di 200 oggetti in ceramica, tra cui frammenti di figurine femminili.
A partire da alcuni di questi frammenti, Evans ricostruì le due famosissime statuette delle Dee dei Serpenti, entrambe risalenti al periodo Medio Minoico III (1700-1600 a. C.) e oggi conservate al Museo archeologico di Heraklion.
La più famosa (fig. 2) è detta semplicemente la “Dea dei Serpenti”, mentre la seconda, più alta, viene convenzionalmente definita la “Grande Dea dei Serpenti” (fig. 3) e reca in capo una tiara. Di una terza statuetta, probabilmente dalle caratteristiche estremamente simili, è conservata solo la parte inferiore (fig. 4).
Il successo di questo ritrovamento fu tale che provocò una vera e propria “febbre” dell’arte minoica, tra funzionari dei musei e collezionisti privati: ben 14 dee minoiche, esaltate come capolavori dell’arte antica, andarono ad arricchire molteplici collezioni. Le analisi su di esse hanno, tuttavia, dimostrato che si tratta di copie moderne, frutto del lavoro di falsari.
L’iconografia delle Dee dei Serpenti fu associata, da Evans, a un culto di carattere matriarcale: secondo lo studioso, si tratterebbe, infatti, di raffigurazioni della Dea Madre, divinità legata alla vita e alla fertilità. Di quest’ultimo aspetto sarebbe simbolo soprattutto il tratto che maggiormente accumuna entrambe le statuette cnossie: i seni prosperosi, lasciati scoperti dallo stretto corpetto, idealmente finalizzato a facilitare l’allattamento.
Evans, non riportò il procedimento seguito nel corso del loro restauro. Tuttavia, parte di esso si è potuto ricostruire. Appare così evidente che in alcuni passaggi egli seguì un criterio di matrice ideologica, finalizzato a far coincidere le ricostruzioni con la sua visione della religione e della società minoica. Ad esempio, per la Grande Dea vennero “aggiunti” elementi, quali la tiara o il felino sul copricapo.
Più chiari sono altri elementi compositivi riscontrabili nella ricostruzione di entrambe le statuette integre: oltre al corsetto, indossano una gonna a balze bloccata ai fianchi da un elemento a sella (un “grembiule”) che sembra realizzato in stoffa più pesante; infine, entrambe stringono nelle mani due serpenti: la Dea li solleva ai lati della testa, mentre la Grande Dea li mostra direttamente all’osservatore.
Per quanto riguarda l’atto simbolico di stringere dei serpenti nelle mani, un parallelo interessante proviene dall’Egitto: si tratta di una rappresentazione della dea Beset, versione femminile del dio Bes e protettrice delle donne incinte, del parto e dei neonati. Questa statuetta, realizzata in legno, presenta braccia mobili che tengono un serpente per mano. Poiché questa divinità sembra conosciuta a Creta nel MM II, è possibile che la particolare iconografia egiziana sia stata assimilata e reinterpretata nella cultura cretese.
Per questo, Jones ritiene che sia possibile che la Dea dei Serpenti possa rappresentare l’antecedente minoica della dea greca Eilèthyia, protettrice della fertilità, del parto e dell’ostetricia. Il nome di questa dea (e-re-u-ti-ja) è testimoniato anche in documenti in Lineare B. Il suo culto, associato ad Amnisos, sembra aver avuto grande continuità. Infatti, nell’Odissea la grotta di Amnisos è citata come sede del culto di Ilizia (XIX, 186-189), e la stessa localizzazione viene riportata successivamente da Strabone (X, 4, 8).
Ilizia o, meglio le Ilizie, compaiono già nell’Iliade (XI, 270), come personificazioni delle doglie del parto. Figlie di Era, esse vengono inviate o trattenute a suo piacimento. Sono anche associate ad Artemide, la quale viene spesso invocata con l’epiteto di Ilizia.
Nonostante la difficoltà di riconoscere gli attributi originari delle statuette di Cnosso, visto il restauro evansiano, le “Dee dei Serpenti” rimangono l’emblema più riconoscibile della cultura e della religione minoica: divinità femminili, di straordinaria bellezza e potenza, simbolo di fertilità e del profondo legame con tutto ciò che sprigiona dalla natura.
Con ogni probabilità, con l’arrivo dei nuovi dominatori greci a Creta, il retaggio di queste divinità femminili continua nella figura di molte “signore” delle fiere dell’iconografia micenea, mentre la documentazione scritta ne riporta i nomi evocatori delle forze della natura: la “signora dei venti”, la “signora del labirinto”, “la signora degli inferi”.
Giulia Serafini
Riferimenti bibliografici:
- Bonney E.M. 2011, «Disarming the Snake Goddess: A Reconsideration of the Faience Figurines from the Temple Repositories at Knossos», JMA 24.2, 171-190.
- Brown A. 1983, Arthur Evans and the Palace of Minos. Ashmolean Museum, Oxford.
- Budin S.L. 2010, «Maternity, Children, and ‘Mother Goddesses’ in Minoan Iconography». JPR 22. 6-38.
- Franceschetti A. 2016, «La religione micenea», in M. Del Freo – M. Perna (a cura di), Manuale di epigrafia micenea: Introduzione allo studio dei testi in lineare B, vol. 2, Padova, p. 725-751.
- «Ilizia», Vocabolario Treccani on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Treccani.it, consultato il 6/12/24.
- Jones B. 2016, «The Three Minoan “Snake Goddesses”», in K.B. Robert (ed.) Studies in Aegean Art and Culture: A New York Aegean Bronze Age Colloquium in Memory of Ellen N. Davis, Philadelphia, 93-112.
- Jones B. 2024, «The Iconography of the Knossos Snake Goddesses Based on Their Gestures, Stances, Movements and Attributes»,in U. Günkel-Maschek – C. Murphy – F. Blakolmer – D. Panagiotopoulos (eds), Gesture, Stance, and Movement: Communicating Bodies in the Aegean Bronze Age. Acts of the International Conference at the University of Heidelberg, 11–13 November 2021, Heidelberg, p. 243-257.
- Lapatin K. D.S. 2001, «Snake Goddesses, Fake Goddesses: How forgers on Crete met the demand for Minoan antiquities», Archaeology 54.1, p. 33-36.