Tra i vari oggetti recanti iscrizioni in Lineare A, particolarmente interessanti sono alcuni vasi realizzati in pietra, datati tra il 1650 e il 1450 a.C. circa e rinvenuti in diverse località di Creta, perlopiù nei pressi di aree cultuali: si pensi, ad esempio, ai ritrovamenti nel Santuario di Petsophas e nella grotta del monte Dikte, nella parte orientale dell’isola, ma anche a quelli nei siti di Cnosso e Kophinas, al centro di Creta, e ai più recenti rinvenimenti di Apoudoulo e Vrysinias, più a ovest. Questi supporti sono noti come tavole da libagione e attestano delle sequenze di segni che tendono a ripetersi secondo due tipologie (Fig. 1).
La prima tipologia formulare – caratteristica, con qualche variazione, sia di TL Za 1, proveniente da Troullos (Fig. 2), sia di PK Za 11, da Palaikastro (Fig. 3) – è sempre costituita da una parola introduttiva (a-ta-i-*301-wa-ja – anche nelle varianti ja-ta-i-*301-u-ja o a-ta-i-*301-wa-e), riportata all’inizio dell’iscrizione, e da tre lemmi in chiusura (u-na-ka-na-si/ti, i-pi-na-ma / i-pi-na-mi-na, si-ru-te).
La formula cosiddetta “secondaria”, invece, presenta sempre, tra le altre, due parole associate: la voce ta-na-i-*301-u-ti-nu, seguita dal lemma a/ja-sa-sa-ra-me.
La lettura proposta delle sequenze di segni in questione, trattandosi di una scrittura non ancora decifrata, non può considerarsi del tutto certa: l’operazione ci è possibile attraverso l’applicazione ai sillabogrammi della Lineare A dei valori fonetici della Lineare B, decifrata. È una procedura, questa, che a molti studiosi è apparsa legittima per via dei numerosi segni in comune tra le due scritture (il 70%); e vero è che i micenei, quando instaurarono il loro potere su Creta, dalla cultura minoica mutuarono, insieme ad altri aspetti, anche il sistema scrittorio, adattandolo poi al greco; tuttavia, non è ancora possibile stabilire con assoluta certezza se il valore fonetico di alcuni segni sia rimasto o meno inalterato nel passaggio dalla Lineare A alla B (veicolante il greco miceneo).
Le sequenze di segni presenti sulle tavole da libagione sono ben più lunghe rispetto a quelle presenti sui documenti di carattere economico-amministrativo e sono state interpretate dagli studiosi come formule rituali, votive o di dedica alle divinità. In particolare, la voce a/ja-sa-sa-ra-me – ovvero, la ben nota Formula di Archanes, che accomuna la Lineare A al cosiddetto Geroglifico di Archanes – è stata letta da Ferrara, Montecchi e Valério come nome della divinità dedicataria dell’offerta, data la quasi coincidenza – riscontrata dagli stessi – con il termine ittita Ishasarasmis, che sembrerebbe traducibile come “Mia Signora”. Tuttavia, Consani ha avanzato la proposta per cui in a/ja-sa-sa-ra-me e nelle relative varianti si debba vedere non un teonimo bensì l’espressione dell’appartenenza o della pertinenza dell’oggetto su cui questo termine è inciso ad un’entità per lo più divina, ma in alcuni casi anche umana. Inoltre, stando a Consani, negli elementi variabili ricorrenti prima di a/ja-sa-sa-ra-me andrebbero visti – se non il toponimo della località in cui si è effettuata l’offerta – gli antroponimi dei dedicanti, individuali o comunitari: la menzione, nello specifico, di chi, responsabile di un’offerta, si segnala nella massa delle offerte “anonime”.
Tra i lemmi ricorrenti nelle iscrizioni delle tavole da libagione, ne appaiono di molto interessanti: si pensi a quello che, traslitterato con i valori fonetici dei sillabogrammi omomorfi della Lineare B, andrebbe letto du-pu-re, incredibilmente vicino al termine da-pu-ri-to, attestato in miceneo (si veda, ad esempio, la tavoletta in Lineare B KN X 140) e accostabile al greco classico labyrinthos; oppure, si consideri a-sa-mu-na, a cui ben si affiancano il miceneo a-sa-mi-to e, dunque, il greco classico asaminthos, “vasca”.
Nonostante la maggiore estensione di questi testi, comunque, l’assenza di logogrammi ne rende sempre più lontane le speranze di decifrazione.
Godart ha osservato che i lemmi tipici dei documenti amministrativi non compaiono mai in tali testi di carattere cultuale, arrivando addirittura ad ipotizzare che queste due tipologie di documenti possano essere frutto di due lingue distinte, ciascuna con diverso ambito di pertinenza. In realtà, ribatte Consani, non è necessario spingersi sino ad una simile ipotesi: il lessico amministrativo non potrebbe mai coincidere con quello cultuale, e questo anche all’interno di una stessa lingua.
L’alta diffusione diatopica delle tavole di libagione, se non altro, è al momento una prova considerevole che nella Creta minoica – al di là delle differenze locali, rintracciabili, ad esempio, attraverso le evidenze ceramiche e architettoniche o certe varianti grafiche dei segni in alcune iscrizioni – ci fosse una forte unità di carattere religioso e cultuale.
Noemi Federico
Di seguito il poster sull’argomento a cura di Noemi Federico e presentato alla mostra “All’alba della scrittura: le prime forme di amministrazione contabile nel mondo egeo” (aprile-giugno 2023, Museo dell’Arte Classica, La Sapienza di Roma).
Riferimenti bibliografici:
Bombardieri L. – Graziadio G. – Jasink A.M. (a cura di) 2015, Preistoria e protostoria egea e cipriota, Firenze, pp. 115-119, 187-194;
Godart L. 1992, L’invenzione della scrittura: dal Nilo alla Grecia, Milano;
Perna M. 2016, «La scrittura Lineare A», in M. Del Freo – M. Perna (a cura di), Manuale di epigrafia micenea. Introduzione allo studio dei testi in Lineare B, Voll. I-II, Padova, pp. 87-114.